Route 181 Palestina

Desideriamo costruire un atto filmico che si opponga all’idea che la sola cosa che Israeliani e Palestinesi possono fare insieme sia la guerra,
la guerra fino ad eliminare l’altro.

Michel Khleifi e Eyal Sivan

SINOSSI

Route 181. Frammenti di un viaggio in Palestina-Israele offre uno sguardo inedito sugli abitanti di Palestina-Israele: lo sguardo comune, unitario, di un palestinese e di un israeliano. Per più di un anno due cineasti, il palestinese Michel Khleifi e l’israeliano Eyal Sivan, si sono dedicati alla produzione di quello che loro stessi definiscono un atto di fede cinematografico.
Con questo road movie, i due registi percorrono insieme il loro paese. Nell’estate del 2002, per due mesi, Khleifi e Sivan hanno viaggiato fianco a fianco dal sud al nord del loro paese d’origine, tracciando il proprio percorso su una mappa e chiamandolo Route 181. Questa linea virtuale segue il confine stabilito dalla risoluzione 181, votata dalle Nazioni Unite nel novembre del 1947 allo scopo di dividere la Palestina in due differenti stati. Lungo la strada incontrano donne e uomini, israeliani e palestinesi, giovani e vecchi, civili e soldati, riprendendoli nei momenti della vita di tutti i giorni. Ognuno di questi personaggi ha un modo suo proprio di evocare le frontiere che li separano dai loro vicini: concretezza, cinismo, filo spinato, humour, indifferenza, sospetto, aggressività. Quei confini sono stati costruiti sulle colline e nelle pianure, sulle montagne e nelle valli ma, soprattutto, nella mente e nel cuore di questi due popoli, nell’inconsapevolezza collettiva di entrambe le società.

SCHEDA FILM

ROUTE 181 – IL SUD

Francia, Belgio, Germania | 85’ | colore | 2003
(v.o. arabo, ebraico, con sott. in italiano)

Un film scritto, diretto e prodotto da
Eyal Sivan & Michel Khleifi

Produzione
Armelle Laborie

Fotografia
Philippe Bellaïche

Suono
Richard Verthe

Montaggio
Eyal Sivan & Michel Khleifi

Montaggio suono
Sari Ezouz

Missaggio
Stéphane Larrat

Una coproduzione
MOMENTO! (Francia)
SOURAT FILMS (Belgio)
WDR (Germania)

Produttori associati
Omar Al-Qattan, Sindibad Films Ltd
Werner Dütsch, Westdeutscher Rundfunk Köln
Michel Khleifi, Sourat Films Sprl
Alain Bottarelli

In associazione con
ARTE France

Con il sostegno di
Centre National de la Cinématographie

___

Michel Khleifi
https://www.michelkhleifi.com/biography

Eyal Sivan
https://www.eyalsivan.info/index.php?p=bio

Francia, Belgio, Germania
|
85’ | colore | 2003
(v.o. arabo, ebraico, con sott. in italiano)

Un film scritto, diretto e prodotto da
Eyal Sivan & Michel Khleifi

Produzione
Armelle Laborie

Fotografia
Philippe Bellaïche

Suono
Richard Verthe

Montaggio
Eyal Sivan & Michel Khleifi

Montaggio suono
Sari Ezouz

Missaggio
Stéphane Larrat

Una coproduzione
MOMENTO! (Francia)
SOURAT FILMS (Belgio)
WDR (Germania)

Produttori associati
Omar Al-Qattan,
Sindibad Films Ltd
Werner Dütsch, Westdeutscher Rundfunk Köln
Michel Khleifi,
Sourat Films Sprl
Alain Bottarelli

In associazione con
ARTE France

Con il sostegno di
Centre National de la Cinématographie

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Michel Khleifi
https://www.michelkhleifi.com/biography

Eyal Sivan
https://www.eyalsivan.info/index.php?p=bio

Palestina

ROUTE 181: Frammenti di un viaggio in Palestina-Israele

un film documentario
di Michel Khleifi e Eyal Sivan

Chi conosce la ricca filmografia di Michel Khleifi, palestinese di Nazareth residente a Bruxelles da oltre quarant’anni, e di Eyal Sivan, ebreo israeliano nato a Haifa, cresciuto a Gerusalemme e da oltre trent’anni domiciliato in Francia, non potrà, nel loro viaggio filmico a due, Route 181, non riconoscere a colpo d’occhio ciò che fa di questo documentario un unicum cinematografico, culturale, politico.

Nei duecentosettanta minuti di durata di questo road movie a quattro mani, le personalissime scritture cinematografiche dei due cineasti, le loro metodologie registiche e narrative, la loro inconfondibile firma autoriale, la loro poetica, la loro stessa visione del mondo, si sottopongono volontariamente a una straordinaria opera di mediazione, di ascolto e accoglienza reciproca. Tanto da dar vita a un’opera che riesce difficile attribuire all’uno o all’altro, tagliata come è su un obiettivo politico condiviso ardito ed urgente: dimostrare che Palestina-Israele è il loro comune paese, che un israeliano e un palestinese possono fare insieme qualcosa di diverso dalla guerra, che solo affrontando la materia rocciosa del rimosso si fa spazio, prima ancora che all’altro, a se stessi e al proprio dolore, dunque a una vera, non univoca liberazione.

La storia del film, la decisione di farlo, è semplice: nella primavera del 2002, di fronte al precipitare del quadro politico mediorientale, Khleifi e Sivan, legati tra loro da una solida amicizia e da un forte rispetto artistico e professionale, si chiedono che cosa sia loro possibile fare per opporsi al crescendo di violenza e follia politica che sta travolgendo Palestina-Israele. Cinema, è la risposta di entrambi, la “cosa che sappiamo fare bene”: un cinema che faccia riflettere e ragionare, che dia la parola invece di toglierla, che ricrei il tempo dell’ascolto invece di scaraventare nel vortice delle emozioni, della negazione e dell’amnesia.

L’espediente narrativo è altrettanto semplice: sovrapponendo all’attuale cartina geografica di Palestina-Israele la mappa tracciata dalle Nazioni Unite nel novembre del 1947, con la linea di partizione che avrebbe dovuto dar vita a due stati sovrani e indipendenti, Israele e Palestina, e che invece fece da detonatore a un conflitto che dura ancora oggi, i due autori individuano un itinerario obbligato. Percorreranno il paese, da sud a nord, seguendo chilometro per chilometro quella virtuale linea di spartizione, affidando alla natura dei luoghi e al caso gli incontri di cui daranno conto nel film.

Mettendosi in strada con un’équipe agile e leggera – un cameraman, un tecnico del suono e un autista –, i due cineasti, per oltre due mesi, nella tarda primavera del 2002, si immergono in quello straordinario laboratorio umano, sociale, culturale, etnico, linguistico che è oggi Palestina-Israele. Non vanno a cercare situazioni specifiche né programmano incontri ufficiali. La loro è piuttosto un’indagine da antropologi o da storici orali. Non si mettono sulle tracce di ciò che dovrebbe essere, ma di ciò che è. Non vanno alla ricerca di amici e nemici, ma di uomini e donne comuni, con le loro storie e le loro piccole, parziali verità, i loro ricordi, le loro rimozioni, la loro – a volte miserabile, a volte luminosa – umanità. E li lasciano parlare, aiutandoli con arte maieutica e estrema compassione a far venire alla superficie frammenti di passato, il proprio e quello dell’Altro. Senza mai giudicare, far lezione, mettere sulla difensiva.

Le loro, in senso stretto, non sono né interviste, né conversazioni. Ciò che Khleifi e Sivan vogliono è liberare la parola, permettere a chi il caso mette loro davanti di ripercorrere senza sentirsi minacciato una storia che è insieme privata e pubblica, personale e collettiva.

Convinti che all’origine di ogni guasto storico e politico ci sia l’incapacità di riconoscere all’Altro la sua complessa umanità e dunque i suoi traumi, le sue paure, persino i suoi fragili e talora aggressivi discorsi di copertura, per l’appunto il diritto al racconto, i due cineasti creano una sorta di collettivo e informale setting analitico in grado di contenere – attraverso un fiducioso atto di nominazione – l’odio, la paura, le proiezioni reciproche, i sensi di colpa, la coazione a ripetere, la speranza, il desiderio.

Ecco, dunque, che lo spazio geografico e narrativo di Route 181 si popola di un’umanità frastagliata, contraddittoria, ricchissima, che non si lascia ridurre al binomio israeliano/palestinese o a quello, ancor più depistante, ebreo/arabo.

Chi è chi, in questa terra miticamente rivendicata e militarmente estorta, viene da chiedersi a un certo punto, guardando questo film-sonda, in cui le storie si cumulano alle storie smentendo tutti i cliché e i luoghi comuni cari alla doxa ideologica, di destra come di sinistra, occidentale o orientale, sionista o antisemita che sia.

Nel paese attraversato mitemente da Khleifi e Sivan non c’è spazio per le mitologie e non ci sono tabù. Meglio guardare in faccia e ad occhi ben aperti la verità, che allucinare e evocare fantasmi. Ed ecco che, nel panorama umano di questo paese complesso e in continuo divenire, guardato amorosamente dal basso e tenendosi ben alla larga dai discorsi ufficiali, i due cineasti fanno affiorare ciò che tendiamo continuamente a dimenticare o a non vedere, accecati come siamo da ragionamenti politici e campagne mediatiche, che cancellano la nuda vita degli individui e la loro effimera, preziosissima, realtà.

Per gentile concessione degli autori presentiamo in “Murale” il film Il Sud, primo capitolo di Route 181: Frammenti di un viaggio in Palestina-Israele.

 Maria Nadotti

Per gentile concessione degli autori presentiamo in “Murale” il film Il Sud, primo di tre capitoli di Route 181: Frammenti di un viaggio in Palestina-Israele, ciascuno dei quali segue un tratto della “Route 181”. Ne Il Sud i registi filmano persone, luoghi, storie e geografie lungo le strade che vanno dalla città portuale di Ashdod verso il Sud fino ai confini della striscia di Gaza.